Un altro interessante appuntamento fissato dal Florence Korea Film Fest, successivo alla proiezione di The Age of Shadows (Kim Ji-woon, 2016), ha coinciso con la presentazione (seguita da conferenza stampa) di The Handmaiden (2015), l’ultimo lungometraggio realizzato da Park Chan-wook. Il film, una storia articolata e complessa sui rapporti tra generi e culture diversi, allegorizzata in un avvincente, spassoso ed erotico ménage à trois, narra la vicenda di una coppia di furfanti coreani decisi a sottrarre l’eredità a una ricca e giovane giapponese soggiogata dal prepotente e perverso zio. Nel mettere in pratica il piano, però, le cose non fluiranno come previsto, prendendo una piega piuttosto inaspettata.

Per quanto non originalissimo, il plot di The Handmaiden offre una rielaborazione intrigante e ottimi spunti di riflessione. La vicenda, infatti, pur ispirandosi al romanzo inglese Ladra di Sarah Waters, viene dislocata dalla Londra del 1862 alla Corea de Sud degli anni ’30, proprio durante l’occupazione Giapponese. Il film, così, finisce per trattare i rapporti tra le forze geopolitiche in campo (dominatrici e sottomesse) in un’ottica sentimentale e sessuale, recuperando il senso di un’umanità imprescindibile e di pulsioni insopprimibili ben oltre le apparenze e gli interessi economici, politici o sociali.

L’assetto narrativo, inoltre, vanta un ulteriore merito che è quello di articolare la suspense non solo giocando con il sapere di un unico personaggio principale – come nei film di Hitchcock, in cui gli spettatori ne sapevano sempre più dei protagonisti – ma riservando a pubblico e personaggi un simile trattamento. Lo spettatore, così, finisce per entrare a conoscenza dei fatti ogni volta che i rapporti tra i personaggi mutano, gli accordi cambiano e il corso della storia prende un’altra direzione. In questo modo i plot point diventano degli autentici plot twist che man mano rendono il sapere sempre più esclusivo: degli spettatori e di chi, via via, dirige il gioco all’interno del film. Questo lavoro in corsa sulla distribuzione del sapere e del relativo potere dei personaggi non solo la dice lunga sul valore attribuito alla conoscenza, ma anche sul ruolo che hanno i rapporti umani nel renderla servibile.

Un altro punto forte di The Handmaiden – come se fosse il caso di rimarcarlo – è la straordinaria qualità della messinscena. Il film è un continuo fiorire di soluzioni visive affascinanti (inquadrature contemplative, carrelli rapidissimi, momenti slapstick, campi e controcampi dalla composizione ad alto tasso erotico, saturazione del campo a scapito del fuoricampo, flashback dal diverso punto di vista, fotografia brillante e sfumata) che sembrano anteporre al mero racconto il piacere di un approccio vergine alle cose (agli ambienti, agli oggetti, ai volti e ai corpi) che, per quanto bramati, non vengono mai violati. Ciò che viene punito, alla fine, è solo quello che non è più integro, destinato al disfacimento morale e corporale. Una bella trovata in un film dove tutti cercano di fottersi a vicenda.

Durante la conferenza stampa, in cui Park Chan-wook si è reso disponibile a chiarire alcuni punti e a fornire diverse curiosità sul film, molti interventi hanno sottolineato la vicinanza di The Handmaiden a Vertigo (Alfred Hitchcock, 1958). Personalmente, trovando l’accostamento piuttosto forzato, ho voluto approfondire la questione rivolgendo al regista una domanda. “Anche a me durante la visione è tornato in mente Vertigo, ma solo perché ho pensato che The Handmaiden ne ribaltasse la prospettiva e che, in qualche modo, la superasse. In Hitchcock il punto di vista è maschile, le donne sono algide e frigide e possono essere liberate solo dagli uomini. Qui, invece, sono gli uomini a rivelarsi impotenti (sotto ogni aspetto) e le donne ne fanno volentieri a meno. Hitchcock non avrebbe mai inserito, in uno dei suoi film, la soggettiva di una vagina, che oltretutto è una trovata straordinaria e rivelatrice.

In relazione a ciò mi chiedo: il femminismo nel film è un tema, una priorità, o è solo un aspetto incidentale?” Park Chan-wook ha risposto che, nonostante Hitchcock fosse una grande fonte d’ispirazione e che Vertigo rientrasse tra i suoi film preferiti, nulla di tutto questo avesse a che fare con The Handmaiden. Benché il femminismo fosse già parte integrante del testo letterario, tutto nel film è stato studiato per renderlo ancor più evidente. Secondo Park ognuno di noi ha un lato femminile che in genere, tende ad occultare. Accettarlo ed esprimerlo significa riuscire a toccare corde che altrimenti sembrerebbero fuori dalla nostra portata. Direi che Chan-woon ha vinto un’altra volta.



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